I beacon “terrorizzano” New York

Su Internet siamo letteralmente inseguiti da messaggi pubblicitari selezionati in base al nostro percorso precedente in Rete o addirittura in base a quello che scriviamo sui social network o sui programmi di messaggistica istantanea. Una situazione che preoccupa e fa storcere il naso ai difensori della privacy a tutti i costi ma a cui, allo stesso tempo, ci si sta abituando per una sorta di inerzia: per utilizzare i prodotti gratuiti delle Web company come Facebook, Google o Twitter bisogna rassegnarsi a concedere in cambio le informazioni sui nostri gusti e preferenze e a credere nella buona fede di società che assicurano di lavorare in questo modo per fornirci un servizio migliore e sempre più personalizzato. Diverso il discorso se ci si sposta nel mondo fisico. La pubblicità che ci acchiappa mentre stiamo passeggiando per le strade, e non navigando fra le pagine web, con logiche tutto sommato simili viene percepita come molto più invasiva. È successo a New York negli ultimi giorni, con una polemica di proporzioni tali da richiedere l’intervento del sindaco Bill de Blasio. Pietra dello scandalo i sensori Beacon, piccoli dispositivi in grado di dialogare con gli smartphone presenti nelle vicinanze attraverso il segnale bluetooth. La differenza con l’Nfc, altra tecnologia di scambio di dati in prossimità nota nelle ultime settimane per essere salita a bordo dell’iPhone 6, è che invece di esserci un passaggio da un dispositivo all’altro a pochi centimetri di distanza il Bluetooth Low Energy, questo il nome del segnale, è in grado di raggiungere più oggetti a una distanza più consistente.

 

L’indagine di BuzzFeed

Secondo la ricostruzione di Buzzfeed, la società Titan ne ha piazzati 500 su altrettante cabine telefoniche delle 5mila di cui gestisce gli spazi pubblicitari. E ha chiesto l’autorizzazione al Dipartimento di Information Technology della città americana facendo riferimento a generiche attività di manutenzione. La questione è invece ben diversa: i Beacon svolgevano esattamente la funzione per cui sono stati progettati, ovvero mandare messaggi pubblicitari agli smartphone dei passanti. Non di tutti i passanti, ma solo di quelli che hanno scaricato un’applicazione basata sul sistema di Gimbal, la società che si occupa della produzione dei Beacon pizzicati da Buzzfeed, e hanno il bluetooth aperto. Il cerchio si stringe ma rimane importante, con marchi come GameStop, la Major League di Baseball o il Tribeca Film Festival che rientrano nella lista. Chi ha sul dispositivo app a loro riconducibili e ha esplicitamente accettato di ricevere comunicazioni anche con questa modalità diventa quindi un facile bersaglio e la sua posizione viene rilevata quando si sta avvicinando. Ed è proprio questo il valore aggiunto dei Beacon per gli esercenti, che possono fare offerte specifiche anche in base alle abitudini dell’utente a cui si rivolgono. Portati da Apple all’interno dei suoi punti vendita, negli Stati Uniti dovrebbero toccare quota 4,5 milioni entro il 2018. 3,5 milioni dei quali proprio dentro i negozi. Il problema a New York non è stata tanto l’invasività della soluzione, anche perché l’utente preoccupato per la sua privacy non ha che da chiudere il bluetooth o non scaricare le app, ma la scarsa trasparenza di Titan sull’uso che ne avrebbe e che ne ha effettivamente fatto. De Blasio ha infatti chiesto la rimozione di tutti i Beacon “smascherati” dall’indagine di Buzzfeed. Matteo Flora, fondatore della società di reputazione online The Fool ed esperto di sicurezza informatica, conferma come non sia la tecnologia in sé a destare preoccupazione: “Titan ha fatto una cosa gravissima perché ha aumentato il suo potere per mettere su un sistema potenzialmente tracciante, ma è anche vero che basta una qualunque applicazione presente sui nostri smartphone per tracciare i dati sulla nostra geolocalizzazione”, spiega. Per quello che riguarda eventuali intrusioni malevole dall’esterno, il Beacon è anche più sicuro delle connessioni senza fili: “Dal wi-fi passa tutto il traffico del telefono, Beacon dà poche informazioni e molto precise”, prosegue. Ed vincolato alla vicinanza fisica, aspetto che riduce la possibilità di azioni di qualsiasi tipo quando l’utente si allontana.

I Beacon in Italia

In Italia è la startup Checkbonus ad aver portato i sensori nei punti vendita Coin e Adidas. “Noi usiamo l’autenticazione tramite Facebook per l’accesso alla nostra app e i dati sugli ingressi degli utenti nei negozi o sulle loro reazioni a sconti e promozioni li forniamo in modo anonimo e aggregato al negoziante”, spiega il fondatore Pierluigi Casolari. Al servizio si sono già iscritti 15mila utenti. Ulteriore materiale di conversazione sulla privacy lo fornirà sicuramente la nuova generazione di Beacon: “Funzionano anche con il wi-fi e sono in grado di agganciare chi non ha l’applicazione installata tramite il Mac Address (l’indirizzo fisico, nda) dello smartphone”, anticipa Casolari. Come nel caso precedente, sarà però sufficiente zittire il segnale per non dare l’informazione sulla propria posizione. Al Beacon, almeno.